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Una struttura da 180 persone per gestire i servizi di 11mila immobili e 60mila persone: questi i numeri del Facility Management nel colosso della telefonia italiana. Il responsabile Domenico Cipolletta racconta la sfida di trasferire molte delle attività di FM in outsourcing e la strada per il futuro per una delle più grandi aziende del nostro Paese: “L’obiettivo deve unire clienti e fornitori: trovare nuove idee e soluzioni per i problemi”
di Fabiana Pala
Il Facility Management come leva per contribuire all’innovazione di una società delle dimensioni e della complessità di Telecom Italia. La sfida non è senz’altro semplice, ma l’Azienda sembra ormai sulla buona strada per vincerla. Ci spiega come Domenico Cipolletta, Responsabile Service Center Facility di Telecom Italia.
Come è organizzata la gestione di immobili e servizi all’interno della sua azienda?
Disponiamo di diverse Aree territoriali che fanno capo ad un’unica struttura centrale. Quest’ultima è a sua volta divisa in cinque settori, ognuno con un’area di attività precisa: servizi ambientali, servizi di funzionamento, servizi fonia e dati, flotte auto e infine client e supporto operativo oltre ad una funzione unicamente dedicata alla gestione completa delle Sedi Direzionali. Questa organizzazione si occupa di gestire i servizi per circa 11.000 immobili, 13.000 Sedi di Stazioni Radio base e 60.000 persone.
Di quante persone è composto il Facility Department?
Centottanta; ottanta operano a livello centrale, il resto sul territorio. Prima della decisione di ricorrere all’outsourcing questi numeri erano, logicamente, ben più elevati. Vi sono ancora delle attività operative svolte con personale interno, soprattutto nel caso dei servizi alla persona (di funzionamento), ma in generale la nostra struttura copre soprattutto un ruolo di governance, analisi e controllo.
Il servizio di manutenzione non è compreso tra le vostre responsabilità?
Lo era fino ad un anno e mezzo fa. Poi, a seguito di una riorganizzazione interna, questo servizio ad eccezione delle Sedi Direzionali è stato affidato alla Direzione Technology, ovvero quella struttura che si occupa di curare l’attività più prettamente tecnologica dell’Azienda. Alla base di questa scelta vi è stata una nuova interpretazione del servizio manutentivo che, viste le caratteristiche peculiari dell’attività della nostra Azienda, è stato giudicato come una leva strategica molto vicina al core business.
Qual è stata la parte più delicata del passaggio all’outsourcing?
Abbiamo posto particolare cura nell’assicurarci che questa operazione garantisse livelli qualitativi del servizio adeguati e non danneggiasse i nostri dipendenti; abbiamo perciò scelto solo partner in grado di assicurare qualità dei servizi e una solida continuità occupazionale al personale direttamente coinvolto nel processo di esternalizzazione. Le fasi iniziali di un processo di outsourcing sono comunque sempre molto delicate, anche perché è il momento in cui cliente e fornitore imparano davvero a conoscersi. In questi primi momenti si tende perciò, comprensibilmente, a seguire ogni attività con molta cura e attenzione, per assicurarsi che tutto proceda come sperato. Una volta appresi certi automatismi e assicuratisi che il rapporto funziona, tutto diventa molto più semplice creando altresì le basi per mettere in campo tutti i miglioramenti al modello funzionale.
Si tratta, in fondo, solo di imparare a dialogare in modo costruttivo.
Esatto. Noi, ad esempio, abbiamo istituito dei comitati composti da nostro personale e da quello degli outsourcer, che si riuniscono regolarmente per valutare possibili miglioramenti ai servizi e discutere di ogni problema eventualmente presentatosi. Il fatto che la maggior parte del personale dei partner fosse prima alle nostre dipendenze rende poi il dialogo molto semplice, perché c’è una base di conoscenze comune, ma in generale credo che il riunirsi a scadenze regolari porti enormi benefici al rapporto tra cliente e fornitore; soprattutto, penso riduca sensibilmente i tempi di risoluzione di tutte le difficoltà che possono sopravvenire durante la gestione dei servizi.
C’è una caratteristica particolare che ricercate in un fornitore?
Siamo sempre stati molto attenti ad individuare soggetti competenti e di dimensioni adeguate alla nostra Azienda. Fornitori con una solida presenza sul mercato e quindi con esperienza consolidata e portafoglio ordini/clienti di una certa importanza e consistenza in modo da avere solide basi commerciali e capacità di creare effettivo valore aggiunto.
Quanta della vostra attività avete affidato ai fornitori? Ad esempio, chi si occupa della progettazione del servizio?
Della progettazione ce ne occupiamo noi. Nei contratti sono indicate precisamente le modalità di erogazione dei servizi ed è definito un accordo specifico sul livello di servizio, il cosiddetto Service Level Agreement (SLA). Abbiamo un knowhow molto profondo per ciò che riguarda la gestione dei nostri servizi, maturato nei molti anni in cui questa attività era svolta internamente in ogni sua fase. È chiaro che poi esiste un dialogo e uno scambio attivo con il fornitore riguardo a questi temi, ma noi disponiamo di una visione molto ampia e particolareggiata riguardo alle caratteristiche della nostra azienda ed è giusto metterla in campo.
Disponete di un sistema di controllo particolare?
Sì, ne abbiamo creati diversi in funzione delle varie e specifiche attività da gestire anche attraverso dei sistemi informativi dedicati mirati ad un controllo a distanza e all’estrazione di reportistiche/indicatori di qualità, performance, economici e di processo. Questi strumenti rappresentano il vero salto di qualità nel nostro mestiere. Nel caso dei servizi ambientali, ad esempio, abbiamo creato due sistemi integrati. Il primo, detto dei quattro quadranti, valuta le attività operative e il livello di qualità raggiunto rispetto allo SLA. I “quattro quadranti” sono altrettanti aspetti legati al servizio ed includono parametri oggettivi, come la misurazione delle performance, l’esecuzione delle attività programmate e non ed il raggiungimento del risultato qualitativo richiesto, ma anche elementi soggettivi, come il grado di soddisfazione del cliente rispetto alla tempestività e precisione dell’intervento del fornitore. Queste voci confluiscono tutte in un unico indicatore, che viene utilizzato nel secondo sistema di controllo. In questo, che richiede il coinvolgimento diretto dell’ufficio acquisti, si esamina non solo la dimensione tecnica e qualitativa del servizio offerto, ma anche quella commerciale. L’indice che ne deriva è denominato “vendor rating” ed è quello in base al quale si decide se il fornitore sta davvero portando all’azienda quanto richiesto e se è adatto a continuare un rapporto con noi, ovvero a far parte della lista dei fornitori con noi qualificati.
Tornando indietro, ripercorrerebbe la strada dell’outsourcing?
Scelte del genere dipendono da molti fattori strategici, che possono variare di caso in caso e di momento in momento. Personalmente, però, sono convinto che ogni attività debba essere compiuta da chi è uno specialista in quel determinato campo. Come già detto, i molti anni di erogazione e gestione interna ci hanno portato ad avere una forte competenza nella gestione dei servizi, ma questa non fa comunque parte del core business della nostra azienda, e quindi si è scelto di rivolgersi a chi invece fa della disciplina del Facility Management il fulcro della sua attività quotidiana. Questo è stato per noi il modo migliore per ottenere maggiore efficienza. E comunque, nel nostro caso, gli elementi che costituiscono il cuore del Facility Management, ovvero governance e controllo, sono rimasti all’interno. Lo stesso vale per quelle attività operative che non era conveniente e strategico esternalizzare. Una cosa che poi ho notato è che quando svolgevamo internamente tutta l’attività operativa, c’era poco tempo per immaginare nuove soluzioni e quindi ci si limitava ad applicare un approccio tradizionale in quanto essenzialmente rivolto all’operatività. Una volta optato per l’outsourcing, le figure rimaste all’interno del Facility Department hanno potuto finalmente impiegare tutte le loro risorse per creare strategie più efficaci ed innovative e quindi hanno visto elevare il loro ruolo ad una dimensione davvero manageriale.
In questo periodo si discute molto riguardo all’opportunità di integrare Facility Management e Property Management. Nel vostro caso esiste questa unione?
No. Ogni attività di gestione amministrativa dell’immobile (stipulazione dei contratti di locazione, contatti con i proprietari, ecc.) è svolta da dipartimenti dedicati, al di fuori della struttura destinata al Facility Management. Come già detto, queste sono decisioni che variano nel tempo da realtà a realtà e che devono tenere conto di molti fattori di diverso tipo. È comunque mia opinione personale che, a livello globale, Facility e Property continueranno il loro processo di avvicinamento all’interno della disciplina madre del Real Estate. E credo che questo porterà molti benefici soprattutto al settore immobiliare. Il Facility Management è, infatti, una disciplina nuova e perciò caratterizzata da una grande e costante spinta all’innovazione, e può perciò avere un effetto molto positivo su di un settore come quello immobiliare rimasto legato invece ad una cultura molto tradizionale.
A suo parere, quali passi deve compiere il mercato del FM per raggiungere un nuovo livello di maturità?
Parecchi. Dal lato dell’offerta le società devono lavorare ancora molto sul valore dell’innovazione che, come già detto, è il fondamento della disciplina. Ho la netta impressione che molti soggetti siano rimasti ancorati ad una cultura troppo tradizionale e non producano nuove idee rispetto all’erogazione dei servizi e alle modalità contrattuali. Dal lato della domanda invece, in presenza di una continua ricerca di razionalizzazione dei costi, non potendo unicamente continuare ad agire sui prezzi unitari, occorre sempre più andare alla ricerca di soluzioni innovative sul versante dei processi di erogazione dei servizi e di organizzazione delle facility. Domanda e offerta devono quindi imparare a dialogare per portare concetti sempre nuovi e avanzati sul mercato.