Quattro ambiti dell'intelligenza emotiva su cui lavorare
Secondo gli esperti l’intelligenza emotiva (IE) è la ragione del successo molto più dell’esperienza pregressa o del quoziente intellettivo. In un contesto in continua evoluzione, l’IE è fondamentale per affrontare le complessità, combattere gli effetti del sovraccarico di informazioni e aiutare i collaboratori a sentirsi coinvolti. Secondo professori universitari e psicologi, gli ambiti su cui focalizzarsi per svilupparla lavorando su se stessi e sull’ambiente di lavoro sono 4: autoconsapevolezza, autogestione, consapevolezza sociale e gestione delle relazioni.
Inserita tra le prime 10 competenze richieste entro il 2020 dal World Economic Forum, ricercata dai recruiter e incoraggiata dagli imprenditori: l’intelligenza emotiva riveste sempre più importanza nel mondo del lavoro. A dimostrarlo è lo studio Workplace Trend 2018 realizzato dal Gruppo Sodexo, dal quale emerge non solo che il 34% degli headhunter danno molta importanza a questa qualità nelle selezioni, ma anche che creare un ambiente di lavoro in grado di stimolare l’intelligenza emotiva è il trend del momento. Secondo gli esperti questa qualità è vitale per la carriera ed esserne dotati è addirittura più importante rispetto a possedere un alto quoziente intellettivo: la maggior parte delle persone di successo infatti possiede un buon livello di IE. Ma che cos’è l’intelligenza emotiva? Lo psicologo di fama mondiale Daniel Goleman la definisce come la capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri e di saper gestire le emozioni in modo efficace. Una qualità più rara di quanto si possa pensare e di difficile valutazione, dato che secondo un team di studiosi della Yale University viene sovrastimata dall’80% delle persone. La quotidianità è costellata di esperienze emotive: se ne vivono oltre 500 al giorno, ma si è coscienti solo di una piccola frazione. Tuttavia, esse danno un tono a ogni interazione: questa consapevolezza porta a capire la necessità di esplorare le emozioni sul posto di lavoro, motivo per cui l’intelligenza emotiva è diventata un’abilità chiave di aziende e leader che, se coltivata attraverso programmi ad hoc, può migliorare anche del 70%.
Un’importanza sottolineata anche dai protagonisti del mondo delle imprese: “Da decenni s’indaga sull’intelligenza emotiva, che oggi rappresenta un elemento imprescindibile per districarsi in un mondo in continuo mutamento, caratterizzato da un’economia globale e da cambiamenti demografici che rendono sempre più diversificate le tipologie di clienti – afferma Stefano Biaggi, Amministratore Delegato di Sodexo Italia – L’ambiente di lavoro e le relazioni che si instaurano giocano un ruolo importante nel permettere alle persone di esprimere lo spettro completo delle proprie emozioni. Esistono tecniche per comprendere e misurare le emozioni. Personix™ è lo strumento creato da Sodexo per capire al meglio i dipendenti in azienda: attraverso i dati psicografici raccolti con la metodologia di Personix™ è possibile delineare le motivazioni dominanti tra i dipendenti dell’azienda, relative ad attitudini, stile di vita, personalità e valori. In questo modo, Sodexo è in grado di cogliere le aspettative dei dipendenti legate all’erogazione di servizi. Personix™ aiuta a definire un’ampia gamma di soluzioni, dal design degli ambienti ai servizi di ristorazione, le pulizie, la sostenibilità, i servizi ricreativi e molto altro. Il processo permette anche di ottimizzare fattori quali i livelli di personalizzazione del servizio, la digitalizzazione, le scelte e i controlli, in base alle necessità.”
Per il prof. Cary Cooper della Manchester Business School, noto docente esperto in psicologia organizzativa e della salute, la recessione ha segnato un prima e un dopo nel mondo lavorativo. Meno persone svolgono più lavoro, di conseguenza sono più incerte rispetto all’occupazione e si sentono meno valorizzate, ma come uscire da questa impasse valorizzando le risorse più dotate d’intelligenza emotiva? “La base dell’IE nelle organizzazioni è avere dei manager in grado di tradurre le loro forti competenze sociali e interpersonali in comportamenti e strategie di leadership – ha rivelato il prof. Cooper – Questo crea le adeguate condizioni psicologiche e fisiche per far sentire i collaboratori motivati, apprezzati e degni di fiducia”.
Secondo lo psicologo Goleman, inoltre, oggi si tende a essere meno pazienti nei confronti dei leader ritenuti “cattivi capi”, ovvero coloro che non sono capaci di ascoltare, guidare e condividere i meriti. Questo è vero soprattutto per Millennials e Generazione Z, parte della forza lavoro in rapida crescita. Ma a chi si devono affidare le aziende per migliorare? “Decenni di studi hanno dimostrato che i leader e i team migliori sono quelli con elevate capacità emotive e sociali, tra cui padronanza di sé, resilienza sotto stress, empatia, influenza e lavoro di squadra – ha affermato il dott. Goleman – Queste sono le competenze che contraddistinguono i migliori performer del ventunesimo secolo”.
Per creare un ambiente di lavoro emotional-friendly innanzitutto occorre aumentare l’intelligenza emotiva all’interno delle organizzazioni assumendo talenti con maggiori competenze di IE. Inoltre, pratiche come l’experience design possono aiutare a scoprire i bisogni e le motivazioni dei lavoratori e a capire come migliorare la loro esperienza lavorativa. Negli ambienti incentrati sulla persona i collaboratori si sentono più apprezzati e connessi all’organizzazione e sono incoraggiati a esprimere e condividere le proprie emozioni e possono, conseguentemente, dare il meglio al lavoro a beneficio delle persone, del team e dell’intera organizzazione. Creare spazi dove le persone possano lavorare in privato o prendere una pausa sono, per esempio, caratteristiche di un ambiente emotivamente intelligente.
Per valorizzare al meglio l’intelligenza emotiva in azienda, ecco i 4 ambiti che compongono il modello delle competenze dell’intelligenza emotiva e sociale realizzato da Richard Boyatzis, professore di economia alla Case Western Reserve University e da Daniel Goleman, che analizza il punto di vista dei lavoratori e delle aziende:
1) Autoconsapevolezza (sapere cosa sento e perché lo sento)
- Dal punto di vista del lavoratore: è segno di maggiori possibilità di successo.
- Dal punto di vista dell’azienda: le imprese con più collaboratori autoconsapevoli hanno performance migliori delle altre.
2) Autogestione (gestire le emozioni stressanti e individuare le emozioni positive)
- Dal punto di vista del lavoratore: le persone che gestiscono efficacemente le proprie emozioni subiscono meno lo stress correlato al lavoro.
- Dal punto di vista dell’azienda: i leader che gestiscono bene le emozioni ottengono risultati migliori.
3) Consapevolezza sociale (riconoscere ed empatizzare con le emozioni altrui)
- Dal punto di vista del lavoratore: l’80% degli impiegati pensa che l’empatia sul lavoro debba aumentare.
- Dal punto di vista dell’azienda: l’abilità dei leader di essere empatici è correlata a maggiori profitti e produttività.
4) Gestione delle relazioni (lavorare efficacemente con gli altri, risolvere i conflitti, ispirare e motivare)
- Dal punto di vista del lavoratore: il 46% dei professionisti crede che le amicizie sul lavoro siano importanti per essere felici.
- Dal punto di vista dell’azienda: per il 77% dei lavoratori è importante essere in buoni rapporti con i colleghi.