LA FORMAZIONE E' UN FILO ROSSO DA NON TAGLIARE MAI

Data di pubblicazione: 01 MAG 2009

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Alessandro Calvo, Responsabile tecnico di Yuppies Service, è il primo italiano a ottenere il Facility Management Professional, la prestigiosa certificazione rilasciata da IFMA Usa: “Nel nostro settore il percorso di crescita professionale è una ricchezza non solo per chi ne usufruisce ma per tutta l’azienda. Che ne può trarre benefici molto superiori ai costi”

Da qualche mese l’Italia può vantare il suo primo Facility Management Professional. Si tratta di Alessandro Calvo, Direttore Area Facility Management di Yuppies Service, che dopo il titolo di Facility Management Specialist è riuscito a conseguire anche questa prestigiosa certificazione rilasciata dall’Headquarter di IFMA negli Stati Uniti. Lo abbiamo incontrato per discutere della sua esperienza in ambito formativo.

Quale significato ha avuto per lei il processo che l’ha portata a divenire FMP?
Credo che diventare FMP significhi soprattutto avere “messo a sistema” delle conoscenze. Bisogna dimostrare di aver compreso il tratto comune che attraversa, ad esempio, la progettazione e la fase di gestione di un contratto: capirne le implicazioni tecniche, gestionali, contabili, e considerarle in modo organico, è l’obiettivo di ogni Facility Manager.

Che peso, in generale, ha avuto la formazione nella sua carriera?
Il punto è diversificare le conoscenze, specie al mondo d’oggi dove le specializzazioni sono penalizzanti e penalizzate da una formazione che vuole essere sempre più generalista. Dopo l'Università, ho dedicato molto spazio alla formazione professionale, con diverse esperienze il cui denominatore comune è stato il desiderio di riconfigurare il mio approccio verso il mondo dei servizi. A volte, comunque, lo slancio formativo non è sufficiente. Talvolta, ci si trova a fare i conti con aziende che faticano a comprendere il valore concreto di un corso di formazione, specie se non del tutto contestualizzato all’interno del proprio business. Il rischio è che alla fine l’azienda lo conceda, storcendo il naso e generando alla lunga una sorta di doppia velocità delle skill in campo che non giova a nessuno. Un altro tema delicato riguarda poi l’innovazione: certificarsi non significa solamente colmare lacune e portare in azienda del valore aggiunto in termini di conoscenza, ma anche impegnarsi a fornire qualità innovativa in una professione che richiede soluzioni veloci ed effervescenza mentale. La mia esperienza è stata agevolata da due aspetti: una forte propensione della mia azienda verso i mercati più evoluti in materia di Facility Management e l’esistenza di una struttura interna snella e disponibile all’innovazione.

Come è stata percepita dai suoi superiori e dai suoi colleghi l’avvenuta certificazione?
Bene. Bisogna anche tener conto che la formazione estende i suoi effetti ben oltre la semplice sfera individuale: il singolo partecipante ai corsi porta quanto ha appreso in azienda, lo trasmette nella sua attività quotidiana a colleghi e superiori, recando ampi benefici a tutta l’organizzazione.

Quale consiglio vuole dare a chi vorrebbe diventare FMP?
Il percorso formativo deve essere inteso come continuo, senza interruzioni. Esiste un “filo rosso” che attraversa i moduli formativi e purtroppo spesso viene interrotto, perché le aziende permettono una formazione “ad intermittenza”. È il solito dilemma tra formazione come costo o come investimento. Il mio consiglio è avere chiaro l’obiettivo ed illustrarlo alla propria azienda, evidenziando il vuoto formativo che si intende colmare.

Reputa che certificazioni come quelle di FMP e FMS abbiano un peso e un riconoscimento adeguato in Italia?
In materia di Facility Management, l’Italia è seconda solo a grandi realtà territoriali come Gran Bretagna e Germania, dove si costruiscono edifici progettando contestualmente le facility. Da noi la capacità di realizzare un autentico “governo” delle facility non è ancora pienamente diffusa e si profila all’orizzonte una deformazione che potrebbe proporci tanti buoni erogatori di servizi, ma modesti controllori degli stessi. Da questo punto di vista i riconoscimenti FMP e FMS possono essere strumenti validi per portare metodo ed innovazione nelle nostre aziende. Il rischio è che queste nuove figure professionali entrino in aziende impreparate all’evoluzione.