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Quello del traffico è uno dei problemi maggiori dell’epoca moderna. Nel 1998 il decreto Ronchi introdusse una figura professionale che potesse affrontare la questione del trasferimento dei dipendenti nelle imprese più grandi. Car sharing, convenzioni, navette, car pooling: quali sono i risultati a dieci anni di distanza? Lo chiediamo a due manager attivi del settore, Antonio Spataro e Vito Palmiotti
Il 27 marzo del 1998 il Decreto sulla mobilità sostenibile tentò di iniziare una piccola rivoluzione nelle aziende italiane: introdurre la figura professionale del Mobility Manager come primo passo verso una seria razionalizzazione della nostra rete di trasporti. A dieci anni di distanza è giunto il momento di fare un bilancio e capire se quello che è ormai conosciuto come Decreto Ronchi sia davvero stato il primo passo verso un’organizzazione più efficace degli spostamenti casa-lavoro di milioni di lavoratori o rappresenti solo un’occasione fallita. Per farlo abbiamo deciso di illustrare le esperienze di due Mobility Manager che in questi anni si sono mostrati particolarmente attivi nel tentare di applicare le metodologie e gli strumenti alla base della disciplina della mobilità sostenibile. Ad Antonio Spataro, Site Services & Mobility Manager di Astrazeneca il compito di fornire un primo consuntivo della sua attività nel campo della mobilità aziendale.
Qual è stato l’approccio della sua organizzazione a questo tema e come è stato realizzato nel concreto?
“Il mobility management si deve sviluppare partendo dalle esigenze dei dipendenti e non dal livello di gradimento o di visibilità dell’intervento. Il primo passo perciò è stato distribuire dei test di accessibilità per individuare potenzialità ed esigenze della popolazione aziendale in materia di mobilità sostenibile. Sulla base dei risultati emersi sono stati elaborati i rispettivi Piani di Spostamento Casa Lavoro (PSCL), approvati in seguito dall’Amministrazione provinciale e dai Comuni di riferimento”.
Quali attività comprendevano questi piani?
“Moltissime: abbonamenti agevolati per il trasporto pubblico e privato, navette interaziendali gratuite, car pooling. Abbiamo creato postazioni di telelavoro. Abbiamo promosso la trasformazione di auto da benzina a gas (GPL o Metano) favorendo l’accesso ai contributi del Ministero dell’Ambiente, della Provincia e della Regione. Sono stati acquistati veicoli ad emissione bassa o nulla: le nuove auto aziendali (circa 650) sono tutte Euro 4 e, se diesel, dotate di filtro antiparticolato. Stiamo inoltre sviluppando una nuova policy per la gestione della flotta aziendale volta a favorire e promuovere la scelta di veicoli a basso impatto ambientale. Questi sono solo esempi: si tratta di un piano integrato che offre diverse possibilità in modo da soddisfare le esigenze di tutti i dipendenti”.
Nella sua esperienza da Presidente di Intermobility, associazione che riunisce i Mobility Manager italiani, a che punto è giunto il processo di diffusione della disciplina?
“Devo purtroppo confermare che il Mobility Manager, tranne in rari casi di aziende particolarmente virtuose, non ha riscosso finora grande consenso. Un esempio: tra le oltre 300 aziende della Lombardia che rientrano negli "obblighi" derivanti dal decreto Ronchi, circa un centinaio ha implementato la figura del Mobility Manager, ma quelle che hanno realizzato progetti concreti sono, purtroppo, di gran lunga inferiori.”
Come spiega tali cifre?
“Le cause sono da ricercare, a mio avviso, soprattutto nello scarso entusiasmo e collaborazione mostrati dalla Pubblica Amministrazione a tutti i livelli di competenza. Questa però è solo una parte del problema. Purtroppo il decreto Ronchi non prevede norme attuative e quindi il Mobility Management si trova ad operare secondo modelli e schemi assolutamente liberi e destrutturati: le aziende volenterose che vogliono realizzare dei progetti di mobility si ritrovano perciò spesso abbandonate a loro stesse e quindi nella necessità di inventare attività e strategie, facendo leva su di una sorta di spirito creativo e pionieristico. Ecco perché sono pochissime le aziende ad avere inserito un Mobility Manager nel proprio organigramma. Ed è un peccato, dato che questa figura promuove e sviluppa attività che, razionalizzando il sistema degli spostamenti casa-lavoro, concorrono alla riduzione dei carichi inquinanti e dell’emissione di gas serra, alla riduzione dei rischi per la salute delle persone e alla limitazione del numero e della gravità degli incidenti con conseguente riduzione dei costi sociali ad essi collegati. Solo le aziende più “virtuose” hanno sviluppato il Mobility Management e non credo per motivi meramente speculativi. Al contrario, sono convinto che questa loro decisione sia il frutto di una radicata sensibilità verso la difesa dell’ambiente, il miglioramento della qualità di vita ed il bilanciamento del tempo casa-lavoro del proprio personale: tutto ciò che è definito come Responsabilità Sociale d’Impresa”.
Cosa prevede per il futuro?
“Il momento economico è particolarmente critico e in questi ultimi mesi l'attenzione del mondo politico ed imprenditoriale si sta focalizzando sempre più su problemi ambientali, risparmio energetico, sicurezza stradale, razionalizzazione e potenziamento del trasporto pubblico. Proprio i temi portanti del Mobility Management e della Responsabilità Sociale di Impresa. Mi auguro, perciò, che la figura del Mobility Manager possa trovare finalmente la diffusione che merita ed essere una presenza attiva nei tavoli di confronto di amministratori e imprenditori. Spero anche che l'EXPO 2015 possa costituire l’occasione per un reale e concreto rilancio del tema della mobilità sostenibile”. Sostanzialmente dello stesso avviso anche Vito Palmiotti, Administrative Services, Security & Mobility Manager di 3M Italia: “bisogna ammettere che molte aziende ancora ignorano quali benefici possano portare i progetti di Mobilità Sostenibile in termini di immagine, qualità della vita dei dipendenti, controllo dei costi, ecc. Da ciò che vedo quotidianamente, anche come Vice Presidente di Intermobility, appare evidente che la viabilità abbia subito un miglioramento apprezzabile nelle aree in cui sono attivi dei Mobility Manager. Purtroppo però vi sono dei fattori che remano contro, come ad esempio l’aumento del numero (e delle dimensioni) delle auto in circolazione in Italia”.
La Provincia di Milano ha giocato un ruolo importante nel promuovere le iniziative di mobility.
“È vero, hanno dato una forte spinta iniziale all’interesse per questa disciplina. Il problema è che vi sono diversi livelli di Amministrazione Pubblica (la Regione, le Province, i singoli Comuni) e non sempre sono allineate rispetto a certe politiche”. Cosa si può fare al riguardo? “Far conoscere il più possibile i vantaggi che un progetto di Mobilità Sostenibile può recare a tutti: aziende, lavoratori, Pubbliche Amministrazioni e cittadini. I benefici per il traffico locale e l’ambiente sono abbastanza noti, ormai. Vi sono, però, anche dati meno conosciuti che fanno riflettere; più della metà di quelli che vengono classificati come incidenti sul lavoro avvengono in realtà negli spostamenti da e per le sedi in cui si svolge la propria professione. Potete quindi immaginare la portata dei vantaggi legati ad un movimento più razionale e sicuro dei lavoratori. Quella che dobbiamo combattere, perciò, è soprattutto una battaglia di ordine culturale”.
Sono molti gli strumenti a disposizione del Mobility Manager: car sharing, car pooling, navette, convenzioni con il trasporto pubblico locale, ecc. Ce n’è uno più efficace degli altri?
“È un errore cercare lo strumento più efficace. Non esiste. Solo la messa in campo contemporanea e integrata di tutte queste iniziative e di altre (il telelavoro, l'orario flessibile, ecc.) può portare ad ottenere risultati concreti.
Quali misure legislative potrebbero favorire ulteriormente il Mobility Management?
Indubbiamente la revisione del Decreto Ronchi. Questo prevede la figura del Mobility Manager per tutte le aziende con più di 300 dipendenti, ma non è stata predisposta alcuna sanzione per il mancato rispetto di questa norma. È così solo le aziende lungimiranti hanno intrapreso questa strada, ben consce di quali saranno le problematiche future in materia di sostenibilità ambientale e non solo”.
La sua azienda ha un Piano degli Spostamenti Casa-Lavoro?
“Certo. È uno strumento fondamentale ed un necessario punto di partenza per ogni attività di gestione della Mobilità Sostenibile. Sapere dove vivono i nostri dipendenti, il loro tragitto per arrivare in ufficio e altre informazioni sui loro spostamenti è una base irrinunciabile per ogni futura decisione relativa alla mobilità. Anche un comune servizio di navetta per essere realmente efficace deve fondarsi su questi dati”.
Quali servizi offrite ai vostri dipendenti?
“Abbiamo una convenzione per gli abbonamenti ai mezzi pubblici che ci ha permesso di offrirli ad una tariffa agevolata. È stato inoltre siglato un accordo con una società di car sharing, in modo che il nostro personale possa abbonarsi al servizio ad una tariffa scontata del 50%. Anche il car pooling è stato incentivato il più possibile, riservando alcuni posti auto a chi aderisce all’iniziativa e predisponendo un sistema on-line studiato per mettere in contatto, in maniera semplice e veloce, chi offre posti auto e chi li richiede. Abbiamo anche realizzato diversi progetti comuni con altre organizzazioni. Ad esempio, condividiamo il servizio di navette con altre quattro aziende presenti nella zona di Segrate e questo ci ha permesso di dividere i costi e quindi potenziare al massimo il servizio. Questo è un punto estremamente importante: è inutile compiere azioni di mobility in totale solitudine. I progetti isolati, in questo ambito, non hanno alcun impatto e sono destinati a fallire sul medio e lungo termine. Le iniziative devono invece inserirsi in un disegno molto più vasto, una vera e propria rete di interventi coordinati che coinvolga diverse aziende e, soprattutto, le Pubbliche Amministrazioni locali. Noi possiamo fare la nostra parte, organizzando e incentivando il car pooling o un sistema di navette, ma la collaborazione delle PPAA è il fattore decisivo per la buona riuscita di un progetto di Mobilità Sostenibile ad ampio respiro”.