Quali leve per la competitività?
Data di pubblicazione: 02 NOV 2011
L’evoluzione dei mercati ha reso stringente la necessità per ogni azienda di ricercare una maggiore competitività. Nel contesto attuale questa sfida non ha come obiettivo il solo guadagnare un vantaggio sugli altri soggetti presenti in un determinato settore, quanto piuttosto la stessa sopravvivenza dell’azienda e la sua capacità di proporsi in maniera convincente sul mercato di appartenenza. Un primo passo per individuare quale strada percorrere per migliorare in maniera decisa la competitività è quello di vedere quali siano le caratteristiche che contraddistinguono le aziende di successo e mancano invece alle altre. Edoardo Venturini, Direttore Relazioni Esterne e Comunicazione di Sodexo a tal proposito nota che “parlando di Facility Management, l’evoluzione dei mercati si muove lungo una linea che va dall’appalto, al miglioramento e infine al cambiamento.
L’appalto, sulla base di un capitolato ben definito, si basa sulla promessa che non ci sarà nessun mutamento e che la transazione sarà senza attriti. In questo caso i fattori chiave del successo sono la capacità di gestione dei costi e la flessibilità. La proposta commerciale, fondata sul servizio esistente, è centrata sul prezzo.
L’offerta di miglioramento promette invece di ottimizzare il rapporto qualità-prezzo e i fattori chiave del successo risiedono nei metodi e nei processi. Il soggetto deve perciò dar prova di possedere un know-how tanto forte da soddisfare una richiesta dell’azienda contraddistinta da specifiche di servizio molto dettagliate.
Il cambiamento, infine, si caratterizza per una visione molto più ampia. Consente di migliorare la qualità della vita dell’azienda e di creare sinergie reali nell’offerta e nei prezzi. Tutto ciò attraverso una proposta commerciale basata sui risultati attesi che risponde a una domanda molto aperta da parte dell’azienda, dando così origine a una vera partnership”. Ne deriva, sempre secondo Venturini, che oggi un’azienda per migliorare la propria competitività deve “innanzitutto definire strategie e obiettivi precisi e lavorare per raggiungerli puntando all’evoluzione piuttosto che al mantenimento dello status quo. Spesso le aziende concentrano i loro sforzi su come spendere di meno, mentre il vero obiettivo è guadagnare di più. Spendere meno è solo uno dei modi per riuscirci: funzionare meglio, essere più efficaci ed efficienti, concentrarsi sugli obiettivi strategici sono fattori più importanti e danno migliori risultati. È poi utile essere dinamici e pronti a dare risposte adeguate anticipando le richieste dei mercati e l’evolvere del contesto in cui si opera. E soprattutto creare benefici fornendo risultati concreti”.
Sullo stesso punto Antonio Ive, Amministratore Delegato di ISS Facility Services nota invece che “il livello di competitività del mercato spinge oggi le aziende a ricercare costanti recuperi di efficienza e a non distogliere la propria attenzione dalla missione primaria della società; l’outsourcing è sicuramente un mezzo per raggiungere tali obiettivi. Ritengo che esistano molteplici situazioni che favoriscono lo sviluppo di questa strategia, situazioni che vanno ben oltre la semplice riduzione delle spese, del controllo dei costi e della preservazione dei capitali”.
Ive, allo stesso tempo, fa notare invece quale siano le leve più errate su cui fare pressione nella speranza di aumentare la propria competitività: “complice la grave crisi internazionale, sempre più frequentemente, e non solo in Italia, si riscontra un’errata tendenza a diminuire l’accento sulla protezione sociale e ad aumentarlo nei confronti della crescita dei profitti e della competitività delle società. Talvolta i due aspetti si trovano in contrasto aperto e in virtù della ricerca di flessibilità si provocano situazioni di estremo disagio nel mondo del lavoro. Se, da un lato non è accettabile che il protezionismo sociale estremo sia in grado di generare il fallimento di una società, dall’altro non è corretto immolare parte o tutto il personale di una società sull’altare del vantaggio competitivo.
Il business del process outsourcing, in generale, e del Facility Management, in particolare, può essere una metodologia per trovare il difficile equilibrio tra le due legittime esigenze. Infatti le più accreditate società che hanno l’outsourcing come core business credono nel sistema della libera imprenditorialità, ma hanno la consapevolezza che il loro bene principale è costituito dal personale che svolge i servizi per i clienti e quindi sentono sia il dovere che l’interesse a trattarlo costantemente con onestà, dignità, equità e rispetto”.
Secondo Luca Fiorucci, Direttore Divisione Facility Management di Cofely Italia, infine, le leve su cui puntare per migliorare la competitività son essenzialmente tre: “la prima leva è l’efficienza. Saper sfruttare al meglio le risorse con particolare riferimento a quelle ambientali. Il disastro di Fukushima ha spostato l’attenzione dell’Europa sul nucleare e ha comportato alcune scelte rilevanti in tema di energia. Con una produzione che non è in grado di sostenere i tassi di crescita della domanda, l’energia diventerà sempre più preziosa e sempre più cara. Le aziende che sapranno prepararsi per tempo accumuleranno un vantaggio competitivo rilevante per il futuro.
La seconda leva è la comunicazione. Negli ultimi hanno abbiamo assistito a una rivoluzione. I canali sono radicalmente cambiati, le informazioni passano velocemente sulla rete e continuare a rimanere ancorati al passato significa inevitabilmente perdere competitività. Le aziende hanno già individuato le potenzialità dei social network per veicolare la propria immagine e ora dovranno imparare a usarli anche come strumenti di trasferimento interno di conoscenze e come canali di vendita.
La terza leva è la gestione delle risorse. La capacità delle aziende di individuare, attrarre e valorizzare le potenzialità è, e sarà sempre più, determinante. In un mercato dove la competizione è globale e dove esisteranno sempre meno confini occorre andare oltre il proprio Paese, spingersi verso la conoscenza di altre culture, saper dare il giusto valore alle differenze e uscire dai limiti nazionali. In Italia siamo ancora parecchio indietro su questo fronte. Le aziende che sapranno aprire le menti delle proprie risorse al mondo intero non potranno che esserne avvantaggiate”.