La partnership: una soluzione possibile?
Data di pubblicazione: 06 DIC 2011
Se nei primi anni di presenza del Facility Management in Italia la sfida principale era semplicemente quella di far conoscere la disciplina, oggi gli obiettivi si sono fatti più ambiziosi e raffinati. Tra questi va citata senz’altro la battaglia culturale volta a promuovere la partnership tra azienda e fornitore di servizi di FM, perché ritenuta la forma di rapporto più adatta a sviluppare a pieno le potenzialità della disciplina. Ma è davvero così? Secondo Alessandro Centrone, Amministratore Delegato di Sedus “negli ultimi anni si è spesso abusato del termine partnership, applicandolo ad aree non propriamente strategiche dove la continuità, l’interconnessione dei processi e la complementarietà non risultano essere necessarie o fondamentali. Ciò però non deve far dimenticare che il modello della partnership resta molto spesso il più valido per gestire aree altamente strategiche. Le norme che regolano questo rapporto dovrebbero però sempre basarsi sul principio che nella partnership né l’azienda né il fornitore possono gestire il rapporto con margini d’acquisto o di vendita nulli. La continuità e la sostenibilità del rapporto devono essere garantite da condizioni commerciali eque: se da una parte l’azienda deve esigere condizioni che massimizzino la forza del rapporto in essere, dall’altra il fornitore deve poter contare su un contratto che sia economicamente gestibile. Gli esempi migliori di partnership derivano quindi da accordi basati sulla trasparenza e inerenti aree in cui il costo legato al cambiamento e alla sostituzione risultino molto onerosi”.
Per Barbara Fagioli, Responsabile commerciale di CEG Facility, esiste però un ostacolo di ordine soprattutto culturale sulla strada di una maggiore diffusione della partnership: “è un dato di fatto che, rispetto a una decina d’anni fa, oggi le aziende siano più consapevoli, strutturate e consce dell’obiettivo da perseguire nell’affidare i propri servizi a un FM outsourcer. Con un po’ più di analisi, però, è anche evidente che le stesse aziende spesso sono lontane dal “voler” ricevere il reale contributo che esperti nel settore possono offrire. In molti casi non c’è interesse nell’instaurare il giusto rapporto di partnership necessario perché il Global outsourcer possa operare nella giusta direzione. Questo è evidente soprattutto nelle grande aziende nazionali strutturate dove spesso non viene richiesta all’outsourcer alcuna capacità progettuale ma la mera manodopera per l’esecuzione delle attività. Inoltre ogni biennio o triennio avviene una gara d’appalto per cambiare fornitore e quindi né il committente né il fornitore hanno un reale interesse nel costruire progetti a medio lungo termine. In questo scenario il rapporto che viene a crearsi più che una partnership risulta essere una sudditanza. Sono purtroppo ancora poche le aziende pronte a impegnarsi con il loro partner nel costruire progetti di ottimizzazione ed efficienza di medio e lungo periodo, dove il risultato è condiviso e così anche l’impegno nel raggiungerlo”.
E dal canto loro, le società di Facility Management sono pronte a rappresentare dei soggetti adatti a instaurare un rapporto di partnership vincente e, più in generale, a raggiungere uno stadio di crescita più evoluto? Alessandro Calvo, Amministratore Delegato di Natisoft nutre alcune riserve al riguardo: “tempo fa scrissi che si va verso un mercato rappresentato da ottimi erogatori e da scarsi o modesti soggetti di controllo. Lo confermo. Io credo che tutte le aziende di FM o riconducibili a questo settore siano più attente a interpretare correttamente le specifiche contrattuali piuttosto che assimilare, conoscere, gestire correttamente le leve del controllo e del monitoraggio. Né tanto meno la contrattualistica attuale, tranne qualche rara eccezione, sembra mostrare un forte interesse verso questo pezzo della filiera del global service. Credo dunque che si possa fare molto di più, lavorando su questo profilo, e guardando con occhio attento alla contrattualistica estera (inglese e tedesca su tutti). Aggiungo che questa evoluzione viene rallentata dall’assenza di una sorta di albo delle società di Facility Management; oggi qualunque società piccola media o grande che sia e che eroghi servizi ad un soggetto pubblico o privato si qualifica come società di FM. Questa eccessiva polverizzazione delle società rallenta qualsiasi processo di miglioramento delle prassi gestionali e di conseguenza dei benefici che produce a chi ha in proprietà e disponibilità un patrimonio immobiliare”.