La salute? Fa bene ai bilanci
Data di pubblicazione: 18 OTT 2013
I risultati del rapporto Mercer Marsh Benefits in 16 nazioni nel mondo e il legame tra le politiche sanitarie e la produttività in azienda
di Iolanda Barera
Articolo pubblicato su corriere.it l'11 ottobre 2013
Mens sana in corpore sano, si diceva una volta. Ma le aziende oggi ci credono? Certo, anzi gira addirittura l’idea che la buona salute dei dipendenti faccia bene al fatturato. Soprattutto all’estero, però. Perché da noi non è proprio così. Almeno è quanto esce da una recente indagine svolta da Mercer Marsh Benefits sul tema in 16 Paesi diversi. Numeri alla mano, si calcola che in Europa, Medioriente e Africa quasi 8 aziende su 10 vedono un legame tra politiche di healthcare e produttività/performance. Ma se ci focalizziamo sull’Italia ci riduciamo alla metà: neanche 4 su 10. E neppure le assenze per malattia destano da noi il dovuto interesse: solo il 29% dei nostri consigli di amministrazione chiede un report al proposito, quando la media Emea viaggia sul 55%. «In generale in Italia non viene monitorata la salute della workforce e il suo legame con assenteismo e produttività», spiega Linda van Andel, head of employee benefits practice Italy Mercer Marsh Benefits.
Va detto che abbiamo scarsa fiducia nell’effetto positivo della «spesa in benessere» sulla salute dei lavoratori: non più del 26% è veramente convinto che funzioni (ben al di sotto del 48% «europeo»). Anche semplicemente per mancanza d’esperienza. «Investendo molto meno delle altre in programmi di prevenzione e wellness, le aziende italiane non hanno la possibilità di misurarne l’efficacia», sottolinea infatti Linda van Andel.
Ma le motivazioni del divario Italia-Estero su questi temi sono diverse. Beatrice Bauer, docente senior dell’area organizzazione di Sda Bocconi, punta il dito contro la cultura manageriale del Command and Control innanzitutto: «In un contesto in cui quello che conta per un capo è che le persone ubbidiscano ai suoi ordini, mentre ciò che producono, le capacità o le performance non sono così rilevanti, si capisce che anche la salute o il benessere non viene preso molto in considerazione», commenta.
Neanche il cortisolo pare in cima ai nostri pensieri. «La relazione tra stress e performance qui è percepita come: più mi stresso più andremo bene», aggiunge la professoressa. E l’indagine conferma: nel nostro Paese si «offre» più che altrove la cura odontoiatrica (un benefit che porta un vantaggio economico al dipendente) e molto meno il supporto psicologico. Per sostegno allo stress o counseling siamo, infatti, a un terzo della media Emea. E nelle campagne di prevenzione ed educazione alla salute facciamo anche peggio: 8 a 30.
Ma tutto ciò influenzerà davvero la performance aziendale? Difficile dirlo. Quel che è certo è che abbiamo una fetta di assenze per malattie brevi nettamente più ampia rispetto all’estero: l’85% contro il 75% secondo Mercer Marsh Benefits. Un dato che per gli esperti andrebbe approfondito.