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Anche in Italia, l’allarme legato al virus H1N1 ha costretto le aziende a predisporre piani di emergenza. Materiali informativi, ma anche mascherine protettive, salviettine disinfettanti e antivirali. In attesa di verificare se l’epidemie ci sarà davvero e resterà solo una paura
In un decennio che si è aperto con i timori causati dalle attività terroristiche e si sta chiudendo all’insegna della paura legata allo svilupparsi di pandemie, i Facility Manager hanno visto mettere costantemente alla prova la loro preparazione ad affrontare eventi potenzialmente dannosi per la salute dei dipendenti e la continuità del business. L’ultima emergenza in ordine di tempo è giunta quest’anno ed ha assunto la forma del virus A/H1N1. Benché il pericolo sia molto ridimensionato rispetto a quelli che erano i timori iniziali, il possibile diffondersi di questa forma influenzale ha senz’altro rappresentato un nuovo, probante test per i Facility Manager e le loro procedure di contenimento delle minacce. Per avere un quadro di quanto le aziende italiane siano preparate ad affrontare una pandemia, abbiamo voluto condurre un’inchiesta tra i soci di IFMA Italia. I risultati raccolti mostrano luci ed ombre, ma sostanzialmente allineano l’Italia agli Stati Uniti e a molti altri Paesi che, in questi mesi, si sono scoperti pronti ad affrontare le emergenze in generale, ma forse non una con queste caratteristiche particolari.
In primo luogo è da notare un fatto estremamente positivo: tutte le aziende interpellate hanno posto in campo delle iniziative per rispondere a questa situazione. La gamma degli interventi varia però in modo abbastanza sensibile all’interno del campione. Molte le organizzazioni che mostrano di disporre di un piano di emergenza consolidato, anche se nella maggior parte dei casi si tratta di procedure non specifiche per i casi di pandemia. Un discreto numero di aziende mostra poi un atteggiamento di vigile attesa: in queste organizzazioni è stato approntato un piano per affrontare l’emergenza e ci si è assicurati di avere le risorse per attuarlo, ma prima di renderlo effettivamente operativo si preferisce vedere quanto effettivamente si diffonderà il virus. Altre organizzazioni hanno invece già posto in essere un meccanismo di risposta all’emergenza estremamente articolato, che prevede in alcuni casi anche la costituzione di un comitato di crisi che si riunisce a scadenze regolari per decidere le strategie e le modalità migliori per affrontare la possibile minaccia.
Un minimo comune denominatore rilevabile in tutte le risposte pervenuteci dalle aziende (una sola l’eccezione) è una grande cura nello svolgere un’opera di informazione e sensibilizzazione del personale. Le modalità scelte per attuarla mostrano una eterogeneità davvero sorprendente che sembra abbracciare tutte le forme di comunicazione conosciute: intranet, brochure, messaggi di posta elettronica, creazione di siti dedicati, documenti informativi allegati alla busta paga, cartelli educativi per migliorare la pulizia delle mani apposti nei servizi igienici. L’elenco potrebbe continuare e rappresenta una buona dimostrazione di come i Facility Manager, e in più in generale le aziende, siano ormai in grado di utilizzare in modo organico e coordinato tutti gli strumenti comunicativi a disposizione, siano essi nuovi o tradizionali.
Il problema è che molte organizzazioni paiono aver scelto l’informazione come unica forma di risposta all’emergenza. L’atteggiamento più diffuso sembra infatti quello di fornire al personale tutte le conoscenze disponibili sul virus e poi lasciare ai singoli dipendenti la decisione se farne davvero tesoro mettendo in atto dei comportamenti atti a prevenire il contagio. A dimostrarlo vi è un altro dato: a parte alcune eccezioni, nessuno degli intervistati ha registrato un cambiamento nei comportamenti del personale. Questo può essere, in effetti, il riflesso di un’attività informativa completa e quindi in grado di trasmettere la nozione che il rischio legato al diffondersi dell’influenza è in realtà molto minore rispetto a quanto paventato solo qualche mese fa. Come affermato da uno degli intervistati: “la percezione comune è quella di una presa di coscienza del problema e di consapevolezza della necessità di mettere in pratica le indicazioni suggerite senza eccedere nella preoccupazione”. Resta però il fatto che l’emergenza di cui stiamo parlando è di carattere infettivo e che la leva principale su cui agire per ridurre le possibilità di contagio è rappresentata proprio da una modificazione dei comportamenti quotidiani delle persone. C’è perciò da chiedersi quale efficacia abbiano dei piani di risposta ad una possibile pandemia se questi non mostrano poi effetti visibili sulle condotte dei dipendenti.
Va però notato che il 30% delle aziende intervistate non si è comunque limitato a fornire solo informazioni, ma anche strumenti. Il personale, soprattutto se in trasferta, è stato così dotato di mascherine protettive, amuchina gel, salviettine disinfettanti e in alcuni casi anche antivirali.
A prescindere dal successo e della complessità dei piani di intervento, la nostra inchiesta rivela un fatto estremamente positivo che merita di essere sottolineato: la quasi totalità dei Facility Manager intervistati ha ritenuto opportuno porre in atto dei piani di risposta alla crisi senza bisogno che giungessero delle precise richieste dall’interno dell’azienda. Analizzando le risposte, infatti, risulta che sono state scarsissime le sollecitazioni in tal senso da parte del personale e comunque limitate alla volontà di avere qualche informazione in più sul virus. Se vi è stata una pronta risposta al pericolo pandemia è stato soprattutto perché, a parte due eccezioni, tutti gli intervistati ritengono sia loro precisa responsabilità prevedere situazioni di emergenza e studiare delle misure per farvi fronte.
E se è vero, come nota uno degli intervistati, che è precisa responsabilità dell’azienda, anche in base alle disposizioni legislative in materia di Salute e Sicurezza del Lavoro, considerare il fenomeno, valutare i rischi e predisporre le più efficaci misure di prevenzione e protezione, è altrettanto vero che queste valutazioni e azioni richiedono una profonda conoscenza dell’organizzazione che solo un Facility Manager può avere.