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patrimonio artistico dell’edificio. Tutto il personale è stato formato espressamente per lavorare nella Villa Reale. Ad esempio: una parti- colarità della Villa è che può esse- re considerato uno dei primi edifi- ci intelligenti mai edificati in Italia. Dispone infatti di intercapedini alte un metro e trenta circa tra un pia- no e l’altro, create per far circolare l’aria calda e avere una sorta di ri- scaldamento a pavimento. Queste intercapedini sono state sfruttate per posizionare gli impianti, così da nasconderli alla vista del pubblico e migliorare l’esperienza dei visitato- ri. Per essere in grado di operare in queste intercapedini i tecnici della manutenzione hanno dovuto supe- rare un corso per speleologi. Per cui nulla è stato lasciato al caso nella preparazione del personale.Crede che ci sia una maggiore aper- tura da parte delle Istituzioni verso lo strumento del partenariato pub- blico privato?No. Si vede qualche spiraglio, soprat- tutto per la presenza di funzionari più giovani e più vogliosi di speri- mentare nuove soluzioni, ma riman- gono fortissime resistenze. Quello per la Villa Reale è un bando del 2012. Era il primo di project finance per un bene monumentale e quatto anni dopo resta ancora l’unico, malgrado il successo del progetto.Qual è il motivo secondo lei?Mi sembra manchi la volontà po- litica di promuovere lo strumento del partenariato pubblico privato. Il nuovo codice degli appalti approva- to lo scorso aprile, ad esempio, pre- vede una misura che non potrà che creare enormi problemi ai progetti di project finance, fissando la quota massima di contributo pubblico al 30%. Nella Villa Reale il contributo è stato del 78% e siamo ai limiti del- la sostenibilità economica per noi. Nessun partenariato nel settore sa- nitario ha un contributo pubblico inferiore al 70%. Nessuno dei nume- rosi project finance per i parcheggi cittadini ne ha uno inferiore al 50%. Fissare il limite al 30% è spia di una volontà che va in direzione contraria al project finance.È un peccato, perché è una formu- la che si è dimostrata vincente. Nel caso dei beni culturali e monumen- tali poi garantisce la cura costante dell’opera per tutti gli anni della con- cessione.Gli appalti per i semplici restauri in- vece hanno mostrato un difetto evi- dente: l’intervento può riuscire alla perfezione, ma senza un piano a lun- go termine il bene torna vittima del- la stessa politica gestionale che ha portato al suo decadimento. E dopo pochi anni è necessario un nuovo appalto per il restauro e un nuovo investimento di soldi pubblici.


































































































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